La scelta

Che vino prendere.
Che colore indossare.
Che viaggio fare.
Che macchina comprare.
Che gente frequentare.
Che partito votare.
E come morire.
Si, come morire. Se morire. Se voler morire.
Se io soffro e voglio morire, io devo poter morire.
Non ledo nessuno, non faccio male a nessuno, ma devo poterlo fare, senza essere illegale, perseguibile, senza dover scappare all’estero, senza dover spendere milioni, senza dover chiedere l’aiuto a chi poi, penalmente, ne pagherà le conseguenze.
Delle cose ignobili che sento e vedo, questa resta la regina indiscussa, l’inarrivabile, l’iconica prigionia delle prigionie.
E voi, moralisti inneggia tori della vita a qualsiasi costo, avete mai visto una persona che amate, disperata e distrutta per una malattia che ti mangia tutto ma non la mente? No? Fortunati. Fortunatissimi.
Io sì. Due volte. E se avessi avuto fili da staccare, scommetteteci i vostri culi al riparo, che li avrei staccati.
E se avessi avuto sieri fine vita da iniettare, scommetteteci il vostro perbenismo, che li avrei iniettati.
Se uno vuole vivere, viva. Se uno vuole morire, muoia.
Nessuno decida per nessun altro, perché ognuno fa i conti con personalissimi spettri, paure, e disfatte.
Quando pensate di fare delle scelte, sappiate che sono solo palliativi.
Le scarpe, il vino, il viaggio, la macchina.
La grande ipocrisia.