La distanza
Avete presente quei due passi indietro che vanno fatti per vedere un quadro o una foto nella sua interezza e con la giusta prospettiva?
Alle volte è meglio, altre volte è necessario, altre ancora è determinante.
Ecco, così, quei due passi minimi eppure così illuminanti, spesso non sono necessari solo con l’arte, o la prospettiva, o la luce, ma anche, e, soprattutto, con le persone e con i rapporti.
Certi rapporti li capisci dopo, sulla distanza, nella distanza, con la distanza.
Quando si è dentro, le percezioni sono troppe forti e quindi, necessariamente amplificate o alterate, non si ha la serenità o il giusto distacco: soffri troppo, o ridi troppo, o ami troppo, o ti arrabbi troppo.
Ma dopo, con il tempo, con il sopraggiunto equilibrio, con il giusto distacco, o con l’imposto distacco, non puoi far altro che prendere i tasselli, le voci, i ricordi e allinearli. Due passi indietro, la testa un po’ inclinata a valutare la prospettiva, una mano a far scudo dalla luce e pian piano gli occhi leggono l’immagine, o il rapporto o le persone.
E sarà sconvolgente realizzare che, lì dove hai creduto di aver subito gli errori altrui, hai sbagliato, un po’ o tanto, anche tu; che lì dove avevi gli strumenti per capire e salvarti, sei andato avanti ad oltranza, senza una ragionevolezza; che chi ti ha ferito, magari non voleva ma ha dovuto farlo; che lì dove avresti potuto semplificare le cose e risparmiarti scottature, non l’hai fatto, concedendo a te stesso scuse ed attenuanti generiche.
I rapporti tra persone sono sempre passi a due, ma se non ti distanzi non riesci a vedere chi ha messo male il piede, chi non ha tenuto il ritmo, chi ha perso l’equilibrio.
Posizionatevi, fate silenzio, inclinate la testa, abituate la vista e fatevi la fatidica domanda:
“Come ho fatto a non capirlo prima? Ah si: non volevo”