La disaffezione
E voi, l’avete mai guardata in faccia la disaffezione?
Per qualcosa, per qualcuno, per un posto, per un’abitudine, per un lavoro, per un affetto?
Avete mai guardato negli occhi quella sensazione di stanchezza e scoramento?
Arriva zitta e infingarda, lemme, flemmatica, annoiata, con le braccia penzoloni e le gambe pesanti.
Arriva e ti guarda svogliatamente negli occhi, e allora lo senti, lo scoramento, la lontananza, il cambiamento, la disaffezione, appunto.
E non conta che, prima, a quel qualcosa, qualcuno, posto, abitudine o affetto, tu ci tenessi molto.
No non conta, perché, vedete, la disaffezione è direttamente proporzionale all’affetto che c’era, anzi, è più grande, più tosta, più irreversibile.
Ci sa fare, lei: sa cambiare le carte in tavola, spostarti le priorità, cambiare la luce e la prospettiva, e, alla fine, cambiare te.
Per quanto mi riguarda, la combatto sempre tanto, la disaffezione: navigo sempre in direzione sfavorevole e contraria, con testardaggine e ostinazione.
Ma poi, quando arriva, senza rendermene conto, mi lascio convincere e mi arrendo, e faccio bene. Perché ha ragione lei, ha sempre ragione lei.
Perché quando la disaffezione arriva, vuol dire che quel che c’era prima è andato via.
E lasciate che vada.