Il guaio
Si sopravvive.
Al dolore
al piacere
all’amore
alla perdita
all’addio
ai mai più
ai basta
agli ancora.
Si sopravvive e non si sa nemmeno perché.
Si sopravvive e non si sa nemmeno come.
Ma si sopravvive.
Delle risorse immense che abbiamo e non sappiamo, resta la spinta. Fiato, respiro, apnea, respiro.
Si sopravvive così, un passo alla volta, un giorno alla volta.
Anche quelle volte che non ce la fai, e poi, ce la fai.
Perché il nostro istinto è quello, che ci piaccia o no, perché “quel che non ti uccide, fortifica”.
Invece no, quel che non ti uccide, ti uccide un po’, ammazza una parte, un pezzo di cuore, una porzione di fiducia, un etto di speranza, un quintale di voglia. Ma non tutto, tutto no.
Qualcosa resta sempre e, chissà poi perché, ricresce.
E un giorno ti alzi e non hai smesso di pensarci, no affatto: un angolo della mente è sempre lì, dedicato, come una ram, come una canzone, ma, nel frattempo, qualcosa ti distrae.
Che so: una telefonata, una rottura, una bolletta, una risata, una moto in strada.
E allora scopri che forse un film puoi ancora guardarlo, che non rimarrai concentrato per tutta la durata,che ti distrarrai per pensare al tuo guaio, ma che poi, una scena o una frase ti rapiranno, almeno per qualche minuto.
E tu non sarai più del tuo guaio, almeno per qualche minuto.
E poi ci sarà una sera che avrai voglia di vino e amici e di un rossetto, e uscirai.
La ram sempre lì, sempre dedicata, (ma che ne sanno gli altri?), e allora non dici, non ne parli, e se non ne parli, forse, esiste un po’ meno.
Forse si defila un po’.
E forse arriverà un giorno in cui il guaio potrai guardarlo negli occhi, a lungo, e lo vedrai sfumare nell’effetto dissolvenza.
Le variabili sono tante, le cose possono andare in tanti modi, più o meno facili, più o meno belli, più o meno giusti, ma una cosa è certa: si sopravvive.